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LA ROMANIZZAZIONE DELLA SARDEGNA.

Il museo

La Sardegna è una terra di approdo e scambi culturali, data la posizione strategica al centro del Mediterraneo, e in equilibrio tra specificità locali e cambiamenti portati dai numerosi contatti con le popolazioni giunte nell'isola.

LA ROMANIZZAZIONE DELLA SARDEGNA.

Per lungo tempo si è pensato che le aree interne della Sardegna fossero rimaste estranee al processo di romanizzazione. Oggi sappiamo, invece, che anche la Barbagia, regione centrale e montuosa, fu conquistata culturalmente, oltre che militarmente e politicamente, da Roma, come il resto dell’isola. La traccia più evidente di questo fenomeno è forse proprio la varietà locale della lingua sarda, che ancora oggi è, tra le lingue romanze, la più vicina al latino parlato di Roma nel periodo della sua espansione nel Mediterraneo.

Sussistono, inoltre, una serie di indizi archeologici e storici: le fonti antiche, per esempio, ci informano dell’esistenza in età romana di una strada che  collegava Olbia a Cagliari passando per le zone più impervie del centro della Sardegna, attraversando i villaggi di Caput Tyrsi, forse presso Buddusò, Sorabile, presso Fonni e Biora, probabilmente nel territorio di Serri.

La presenza romana nell’entroterra della Sardegna è ben esemplificata dai siti  archeologici, anche importanti, situati a volte in territori molto interni o di difficile accesso, quali quello di Tiscali nel Supramonte tra Oliena e Dorgali, il vasto insediamento romano di Sant’Efis di Orune, il riutilizzo in età romana di molti villaggi nuragici come Sirilò presso Orgosolo o Nuraghe Mannu a Dorgali, o ancora il ritrovamento di un deposito votivo romano all’interno della profonda e selvaggia gola di Gorroppu.

 

sito romano di S. Efis -Orune

Sito romano di S. Efis, Orune – foto di A. Teatini – F. Delussu

 

sito romano di S. Efis -Orune

Sito romano di S. Efis, Orune – foto di A. Teatini – F. Delussu

Gli scavi e gli studi sostengono che alcune delle popolazioni dell’interno dell’Isola si mostrarono ostili e rivoltosi rispetto al potere romano, come rivela la serie di Trionfi sui Sardi celebrati dai capi militari romani per tutto il II secolo a. C., e dallo stesso nome di Barbagia, derivante da Barbaria e quindi terra di barbari non romani.  Inoltre,  queste stesse popolazioni furono organizzate amministrativamente come Civitates Barbariae, cioè gruppi di persone non urbanizzate.

Di alcune popolazioni delle Civitates Barbariae conosciamo anche i nomi, riportati su alcuni cippi che venivano usati per segnalare i confini del loro territorio: per esempio la tribù degli Uddhadaddar, attestata su un cippo da Cuglieri oggi esposto al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.

 

Cippo di confine, Museo Archeologico Nazionale di Cagliari

La conquista della Sardegna fu inizialmente soprattutto militare, ma col passare del tempo, coinvolse anche gli stili di vita che divennero sempre più simili a quelli dei loro contemporanei romani, così come l’alimentazione, il diritto e la lingua. Per questo, quando negli scavi archeologici viene riportata alla luce una ceramica romana, non si può affermare con certezza se chi l’avesse usata fosse un romano giunto in Sardegna da Roma o da un’altra parte dell’Impero, o fosse un sardo ormai romanizzato.

Un esempio di questa fusione di elementi pertinenti alle diverse componenti culturali della Sardegna dell’età romana è il diploma di congedo del militare Hannibal, trovato a Posada ed esposto al Museo Archeologico Nazionale “Giorgio Asproni” di Nuoro: il nome del soldato è di tradizione cartaginese, e quelli dei suoi genitori sono nuragici, mentre alle sue figlie ha dato nomi nuragici e ai figli maschi nomi latini, forse per agevolare l’inserimento nella società romana di questi ultimi. Hannibal è quindi un esempio di sardo romanizzato vissuto tra I e II sec. d. C.

 

Diploma militare di congedo, Museo Archeologico “Giorgio Asproni” di Nuoro

E forse fu proprio questo il senso della romanizzazione: l’acquisizione lenta e graduale di uno stile di vita, oggetti, tradizioni e valori, modi di pensare, parlare o pregare, derivato non da un’imposizione, ma dal contatto e assimilizazione della civiltà romana.